di
Raul Caruso
Questo
testo anticipa alcuni degli spunti conclusivi dell’ebook, curato da Damiano
Palano e Raul Caruso, Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia,
in uscita per l’editore Vita e Pensiero. Il volume cerca di ragionare sulle
ricadute che lo shock globale del Covid-19 potrebbe avere a livello
politico economico. L’intero testo può essere gratuitamente scaricato dal
sito di Vita e Pensiero in formato pdf a questo link: https://vitaepensiero.mediabiblos.it/archivio/978-88-343-4280-0.pdf. L'ebook può essere
scaricato (sempre gratuitamente) anche presso Amazon (formato kindle) e Feltrinelli (formato Kobo).
Un’analisi
dei diversi scenari aperti dalla pandemia mostra che l’imperativo categorico è oggi
salvare la democrazia in molti paesi del mondo e, nel contempo, le istituzioni
internazionali che negli ultimi anni sono state messe da parte o delegittimate
nelle scelte di molti leader politici e quindi anche nel discorso pubblico. Gli
Stati dovranno affrontare un investimento istituzionale, vale a dire un impegno
costoso e condiviso nella rielaborazione di codici comuni di condotta in una prospettiva
di medio e lungo termine. Questo non costituisce un’opzione rinviabile. In
questo senso, basti ricordare la lezione del premio Nobel Douglass C. North: «Lo sviluppo di istituzioni che creano un
ambiente favorevole a soluzioni cooperative in un complesso contesto di scambio
è alla base della crescita economica».
Invero, l’impegno nella cooperazione internazionale sarà essenziale per
garantire nuovi percorsi di sviluppo alle nuove generazioni. In ogni caso,
investire nella cooperazione internazionale non equivale a conservare regole
che sono state elaborate in un periodo storico ormai lontano. In
effetti, mantenere le istituzioni internazionali nella loro forma attuale,
appare semplicemente impensabile. Vi sono sicuramente delle priorità da
considerare. L’Organizzazione delle Nazioni Unite e in particolare il Consiglio
di sicurezza sono sicuramente da ridisegnare al fine di essere più
rappresentativi degli attuali equilibri di potere globali e quindi consentirgli
di intervenire più efficacemente nei conflitti armati in tutto il mondo. A
titolo esemplificativo, basti pensare solo fino a pochi anni fa era possibile
sovrapporre la lista dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza con
quella dei principali spenditori in ambito militare. Oggi viceversa, tra i
paesi che svettano per spesa militare sono: Stati Uniti, Cina, Russia, India e
Arabia Saudita e solo tre di questi siedono in via permanente nel Consiglio. Le
organizzazioni economiche globali, vale a dire FMI e WTO dovranno assumere
sempre di più un ruolo centrale. Date le circostanze attuali, non vi sono più
dubbi che la condizionalità praticata dal FMI debba essere profondamente
riformata. La recessione economica, peraltro, rischia di essere così pervasiva
e di lunga durata che molti paesi non saranno in grado di soddisfare i vincoli
e i criteri del FMI in futuro. I negoziati commerciali multilaterali in seno
alla WTO andranno rilanciati e in particolare si dovranno investire maggiori
risorse nell’organo di risoluzione delle controversie al fine di potenziare il
suo funzionamento e di garantire un maggiore accesso anche ai paesi più poveri
che non vi ricorrono per gli oneri eccessivi. Infine, per sostenere gli sforzi
volti a contenere e prevenire i conflitti armati in tutto il mondo, è
necessario trovare un modo per disarmo e limitare il mercato globale delle armi
che attualmente è – de facto –
debolmente regolato. Le spese militari si ridurranno sicuramente in seguito
alla crisi, ma nel medio termine – se l'instabilità e l'autoritarismo continueranno
a crescere – esse aumenteranno nuovamente. La situazione attuale può offrire,
però, un'opportunità per il disarmo. Vi sono, infatti, le condizioni per
proporre un riacquisto globale di armi convenzionali e armi leggere. In pratica
dovrebbe costituirsi fondo di emergenza che acquisterebbe armi dai governi,
presumibilmente da quelli di paesi in via di sviluppo e meno sviluppati, per
poi distruggerle. Questo riacquisto globale generale di armi può essere creato
e finanziato attraverso un accordo multilaterale e gestito da un'agenzia o
commissione speciale presso l’ONU. Lo scopo sarebbe duplice: da un lato il
disarmo è un bene pubblico e, dall'altro, i paesi potranno beneficiare di
liquidità aggiuntiva. In effetti, i governi potrebbero ricevere in cambio
pagamenti diretti o creare una riserva speciale a cui attingere per far fronte
alle difficoltà negli anni a venire. I benefici per i governi sarebbero
evidenti. In primo luogo, essi otterrebbero pagamenti e finanziamenti monetari
senza essere soggetti alla condizionalità del Fmi. In secondo luogo, tale
compensazione monetaria potrebbe anche creare un incentivo per far rispettare i
cessate il fuoco e i trattati di pace. Per molti paesi a basso reddito le
compensazioni da parte di un fondo di riacquisto potrebbero essere sostanziali.
Damiano Palano
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