giovedì 4 giugno 2020

Quali istituzioni globali dopo la pandemia? Un testo di Raul Caruso sul mondo che ci attende dopo il Covid-19


di Raul Caruso

Questo testo anticipa alcuni degli spunti conclusivi dell’ebook, curato da Damiano Palano e Raul Caruso, Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia, in uscita per l’editore Vita e Pensiero. Il volume cerca di ragionare sulle ricadute che lo shock globale del Covid-19 potrebbe avere a livello politico economico. L’intero testo può essere gratuitamente scaricato dal sito di Vita e Pensiero in formato pdf a questo link: https://vitaepensiero.mediabiblos.it/archivio/978-88-343-4280-0.pdf. L'ebook può essere scaricato (sempre gratuitamente) anche presso Amazon (formato kindle) e Feltrinelli (formato Kobo). 


Un’analisi dei diversi scenari aperti dalla pandemia mostra che l’imperativo categorico è oggi salvare la democrazia in molti paesi del mondo e, nel contempo, le istituzioni internazionali che negli ultimi anni sono state messe da parte o delegittimate nelle scelte di molti leader politici e quindi anche nel discorso pubblico. Gli Stati dovranno affrontare un investimento istituzionale, vale a dire un impegno costoso e condiviso nella rielaborazione di codici comuni di condotta in una prospettiva di medio e lungo termine. Questo non costituisce un’opzione rinviabile. In questo senso, basti ricordare la lezione del premio Nobel Douglass C. North: «Lo sviluppo di istituzioni che creano un ambiente favorevole a soluzioni cooperative in un complesso contesto di scambio è alla base della crescita economica». Invero, l’impegno nella cooperazione internazionale sarà essenziale per garantire nuovi percorsi di sviluppo alle nuove generazioni. In ogni caso, investire nella cooperazione internazionale non equivale a conservare regole che sono state elaborate in un periodo storico ormai lontano. In effetti, mantenere le istituzioni internazionali nella loro forma attuale, appare semplicemente impensabile. Vi sono sicuramente delle priorità da considerare. L’Organizzazione delle Nazioni Unite e in particolare il Consiglio di sicurezza sono sicuramente da ridisegnare al fine di essere più rappresentativi degli attuali equilibri di potere globali e quindi consentirgli di intervenire più efficacemente nei conflitti armati in tutto il mondo. A titolo esemplificativo, basti pensare solo fino a pochi anni fa era possibile sovrapporre la lista dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza con quella dei principali spenditori in ambito militare. Oggi viceversa, tra i paesi che svettano per spesa militare sono: Stati Uniti, Cina, Russia, India e Arabia Saudita e solo tre di questi siedono in via permanente nel Consiglio. Le organizzazioni economiche globali, vale a dire FMI e WTO dovranno assumere sempre di più un ruolo centrale. Date le circostanze attuali, non vi sono più dubbi che la condizionalità praticata dal FMI debba essere profondamente riformata. La recessione economica, peraltro, rischia di essere così pervasiva e di lunga durata che molti paesi non saranno in grado di soddisfare i vincoli e i criteri del FMI in futuro. I negoziati commerciali multilaterali in seno alla WTO andranno rilanciati e in particolare si dovranno investire maggiori risorse nell’organo di risoluzione delle controversie al fine di potenziare il suo funzionamento e di garantire un maggiore accesso anche ai paesi più poveri che non vi ricorrono per gli oneri eccessivi. Infine, per sostenere gli sforzi volti a contenere e prevenire i conflitti armati in tutto il mondo, è necessario trovare un modo per disarmo e limitare il mercato globale delle armi che attualmente è – de facto – debolmente regolato. Le spese militari si ridurranno sicuramente in seguito alla crisi, ma nel medio termine – se l'instabilità e l'autoritarismo continueranno a crescere – esse aumenteranno nuovamente. La situazione attuale può offrire, però, un'opportunità per il disarmo. Vi sono, infatti, le condizioni per proporre un riacquisto globale di armi convenzionali e armi leggere. In pratica dovrebbe costituirsi fondo di emergenza che acquisterebbe armi dai governi, presumibilmente da quelli di paesi in via di sviluppo e meno sviluppati, per poi distruggerle. Questo riacquisto globale generale di armi può essere creato e finanziato attraverso un accordo multilaterale e gestito da un'agenzia o commissione speciale presso l’ONU. Lo scopo sarebbe duplice: da un lato il disarmo è un bene pubblico e, dall'altro, i paesi potranno beneficiare di liquidità aggiuntiva. In effetti, i governi potrebbero ricevere in cambio pagamenti diretti o creare una riserva speciale a cui attingere per far fronte alle difficoltà negli anni a venire. I benefici per i governi sarebbero evidenti. In primo luogo, essi otterrebbero pagamenti e finanziamenti monetari senza essere soggetti alla condizionalità del Fmi. In secondo luogo, tale compensazione monetaria potrebbe anche creare un incentivo per far rispettare i cessate il fuoco e i trattati di pace. Per molti paesi a basso reddito le compensazioni da parte di un fondo di riacquisto potrebbero essere sostanziali.

Damiano Palano

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