venerdì 29 maggio 2020

La condizione fragile del mondo dopo il virus. Gli scenari che ci attendono dopo la pandemia in un e-book curato da Raul Caruso e Damiano Palano


 
di Damiano Palano


Questo testo - apparso sul "Giornale di Brescia" il 23 maggio 2020 - anticipa l’introduzione all’ebook, curato da Damiano Palano e Raul Caruso, Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia, in uscita per l’editore Vita e Pensiero. Il volume cerca di ragionare sulle ricadute che lo shock globale del Covid-19 potrebbe avere a livello politico economico.
L’intero testo può essere gratuitamente scaricato dal sito di Vita e Pensiero in formato pdf a questo link: https://vitaepensiero.mediabiblos.it/archivio/978-88-343-4280-0.pdf
L'ebook può essere scaricato (sempre gratuitamente) anche presso Amazon (formato kindle) e Feltrinelli (formato Kobo). 

L’irruzione della pandemia sulla scena globale ha portato alla luce problemi che, nell’età dell’unità tecnica del mondo, coinvolgono davvero l’intera umanità e non possono essere tenuti fuori dai confini nazionali. Ma al tempo stesso ha anche mostrato, una volta di più, le difficoltà della cooperazione tra gli Stati, persino dinanzi a un’emergenza tanto drammatica. La diffusione planetaria del virus – che nell’arco di alcune settimane dal mercato del pesce di Wuhan ha raggiunto pressoché ogni angolo del mondo – ha infatti chiarito, con la brutalità che abbiamo imparato a conoscere, come l’altra faccia dell’interdipendenza sia una condizione di fragilità. In questo nuovo quadro sono così fatalmente riaffiorate tutte le linee di tensione che logorano da decenni l’architettura dell’ordine internazionale liberale e che la crisi di oggi – insieme alle conseguenze di domani – rischia di condurre a un punto di definitiva rottura. Proprio la consapevolezza dei rischi connessi a questa condizione potrebbe innescare una reazione energica da parte degli Stati, o quantomeno degli Stati dotati di maggiori capacità e intenzionati a ridurre la dipendenza dal mondo esterno. E così diverse voci si sono spinte a prefigurare la minaccia di una crisi sistemica, l’arresto della globalizzazione e persino l’avvio di un processo di rapida deglobalizzazione.

Per immaginare quali saranno le traiettorie che imboccherà il mondo dopo il Covid-19, la «lezione della storia» è sfortunatamente in grado di fornirci solo un aiuto modesto, e comunque non risolutivo. Senza dubbio anche nel passato l’improvvisa comparsa di malattie ha innescato crisi dalle conseguenze radicali proprio sulle strutture politiche. Inoltre, anche le epidemie del passato furono a loro modo conseguenze di processi di globalizzazione. Ma l’intensità dei flussi globali odierni, la pervasività delle tecnologie comunicative di cui disponiamo e la stessa velocità odierna dei trasporti (oltre che conseguentemente dei contagi) non hanno paragoni con il passato. Le conoscenze mediche del XXI secolo ci inducono inoltre a percepire il rischio – anche solo potenziale – in modo molto diverso dal passato, influenzando anche le risposte politiche. E ovviamente sono differenti tanto i meccanismi di valutazione della responsabilità politica, quanto gli stessi criteri con cui nelle democrazie occidentali viene considerato il rapporto drammatico tra la salvaguardia della vita dei singoli e i costi che essa comporta. Dopo settantacinque anni di pace e dopo una costante riduzione della violenza (non solo politica) nelle nostre società, le democrazie occidentali sono infatti diventate davvero «democrazie immunitarie», in cui il bene della vita e della sicurezza degli individui è percepito come (politicamente) molto più importante rispetto a ogni altra società del passato. Questo insieme di fattori non può dunque che indurci a diffidare di affrettate analogie storiche. Ciò nondimeno, è molto probabile che, proprio come le epidemie del passato, anche la pandemia che sta sconvolgendo il nostro mondo, e travolgendo la nostra hybris, finirà con l’accelerare una serie di processi già in atto, esacerbando conflitti e tensioni già presenti da tempo. E i prossimi anni ci forniranno risposte cruciali sulla forza residua delle istituzioni internazionali che abbiamo ereditato dalla Seconda guerra mondiale e sulle risorse che le nostre democrazie saranno in grado di attivare per fronteggiare la crisi.

Damiano Palano


L’intero testo può essere gratuitamente scaricato dal sito di Vita e Pensiero in formato pdf a questo link: https://vitaepensiero.mediabiblos.it/archivio/978-88-343-4280-0.pdf. L'ebook può essere scaricato (sempre gratuitamente) anche presso Amazon (formato kindle) e Feltrinelli (formato Kobo). 










mercoledì 20 maggio 2020

"Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia". Un e-book curato da Raul Caruso e Damiano Palano, in uscita oggi da Vita e Pensiero (e gratuitamente scaricabile)



di Damiano Palano


Esce oggi l'ebook Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia curato da Raul Caruso e Damiano Palano - scaricabile gratuitamente in formato Pdf dal sito dell'editrice Vita e Pensiero - cerca di ragionare sulle ricadute che lo shock globale del Covid-19 potrebbe avere a livello politico economico. L’obiettivo non è esercitarsi in previsioni destinate a essere smentite da un quadro in così rapido movimento, ma identificare i fattori di fragilità e dunque i rischi che potrebbero contrassegnare i prossimi mesi e i prossimi anni. Di seguito uno stralcio tratto dall'introduzione. 


L’irruzione della pandemia sulla scena globale ha portato alla luce problemi che, nell’età dell’unità tecnica del mondo, coinvolgono davvero l’intera umanità e non possono essere tenuti fuori dai confini nazionali. Ma al tempo stesso ha anche mostrato, una volta di più, le difficoltà della cooperazione tra gli Stati, persino dinanzi a un’emergenza tanto drammatica. La diffusione planetaria del virus – che nell’arco di alcune settimane dal mercato del pesce di Wuhan ha raggiunto pressoché ogni angolo del mondo – ha infatti chiarito, con la brutalità che abbiamo imparato a conoscere, come l’altra faccia dell’interdipendenza sia una condizione di fragilità.

In questo nuovo quadro sono così fatalmente riaffiorate tutte le linee di tensione che logorano da decenni l’architettura dell’ordine internazionale liberale e che la crisi di oggi – insieme alle conseguenze di domani – rischia di condurre a un punto di definitiva rottura. Proprio la consapevolezza dei rischi connessi a questa condizione potrebbe innescare una reazione energica da parte degli Stati, o quantomeno degli Stati dotati di maggiori capacità e intenzionati a ridurre la dipendenza dal mondo esterno. E così diverse voci si sono spinte a prefigurare la minaccia di una crisi sistemica, l’arresto della globalizzazione e persino l’avvio di un processo di rapida deglobalizzazione.


Per immaginare quali saranno le traiettorie che imboccherà il mondo dopo il Covid-19, la «lezione della storia» è sfortunatamente in grado di fornirci solo un aiuto modesto, e comunque non risolutivo. Senza dubbio anche nel passato l’improvvisa comparsa di malattie ha innescato crisi dalle conseguenze radicali proprio sulle strutture politiche. Inoltre, anche le epidemie del passato furono a loro modo conseguenze di processi di globalizzazione. Ma l’intensità dei flussi globali odierni, la pervasività delle tecnologie comunicative di cui disponiamo e la stessa velocità odierna dei trasporti (oltre che conseguentemente dei contagi) non hanno paragoni con il passato.

Le conoscenze mediche del XXI secolo ci inducono inoltre a percepire il rischio – anche solo potenziale – in modo molto diverso dal passato, influenzando anche le risposte politiche. E ovviamente sono differenti tanto i meccanismi di valutazione della responsabilità politica, quanto gli stessi criteri con cui nelle democrazie occidentali viene considerato il rapporto drammatico tra la salvaguardia della vita dei singoli e i costi che essa comporta.

Dopo settantacinque anni di pace e dopo una costante riduzione della violenza (non solo politica) nelle nostre società, le democrazie occidentali sono infatti diventate davvero «democrazie immunitarie», in cui il bene della vita e della sicurezza degli individui è percepito come (politicamente) molto più importante rispetto a ogni altra società del passato. Questo insieme di fattori non può dunque che indurci a diffidare di affrettate analogie storiche.

Ciò nondimeno, è molto probabile che, proprio come le epidemie del passato, anche la pandemia che sta sconvolgendo il nostro mondo, e travolgendo la nostra hybris, finirà con l’accelerare una serie di processi già in atto, esacerbando conflitti e tensioni già presenti da tempo. E i prossimi anni ci forniranno risposte cruciali sulla forza residua delle istituzioni internazionali che abbiamo ereditato dalla Seconda guerra mondiale e sulle risorse che le nostre democrazie saranno in grado di attivare per fronteggiare la crisi.


Vedi qui l'indice del volume.


martedì 19 maggio 2020

"Bubble democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione". Un webinar con Vittorio Parsi, Adolfo Scotto di Luzio e Nicola Pasini a partire dall'ultimo libro di Damiano Palano. Giovedì 21 maggio 2020, per il ciclo "Giovedì libri" organizzato da Aseri



In occasione dell'uscita del nuovo volume di Damiano Palano
Scholé-Morcelliana, euro 16.00

Giovedì 21 maggio, ore 18.00

l'Aseri (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali)

organizza un webinar con 
Vittorio Emanuele Parsi 
Nicola Pasini 
Adolfo Scotto Di Luzio 
e Damiano Palano.

Questo è il link per accedere all'incontro:


Il link sarà attivo nel giorno e nell'orario indicato. 

Per ulteriori informazioni: ASERI +39 02 7234 8310 info.aseri@unicatt.it

lunedì 18 maggio 2020

"L'altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19". Un e-book curato da Marianna Sala e Massimo Scaglioni (gratuitamente scaricabile dal sito della casa editrice Vita e Pensiero)


di Marianna Sala e Massimo Scaglioni 

Un gruppo di studiosi e professionisti competenti in diversi campi, guidati da Marianna Sala e Massimo Scaglioni che curano il volume, ha deciso di provare a riflettere, “a caldo”, sul ruolo che la comunicazione ha avuto nel corso della pandemia. Ne è nato l’instant book – da scaricare gratuitamente – L’altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19 che prova a fare il punto sulle diverse declinazioni della comunicazione in tempo di coronavirus. Discutono idealmente fra le pagine del libro politologi e studiosi di media, sociologi, giuristi e avvocati, economisti e linguisti, informatici, medici e studiosi di letteratura, con un punto di vista comparativo e internazionale, che parte dall’Italia per toccare i principali Paesi europei e gli Stati Uniti. Di seguito un estratto dell’Introduzione.
L'e-book, pubblicato da Vita e Pensiero, può essere scaricato gratuitamente in formato Pdf dal sito della casa editrice. Questo è il link per scaricare il volume.


Nel corso delle drammatiche settimane che abbiamo vissuto con la cosiddetta “Fase 1” dell’emergenza Covid-19, fra il 21 febbraio e il 4 di maggio, la rilevanza della comunicazione è apparsa sempre più chiara, sebbene il tema sia entrato meno del dovuto nel dibattito pubblico, dominato dall’urgenza pressante della gravissima crisi sanitaria, e poi dalle questioni relative alla ripartenza, alla “Fase 2”, al riaccendersi della conflittualità partitica, alle priorità economiche…
Eppure, proprio una pandemia come quella di coronavirus ha mostrato quanto sia cruciale la gestione della comunicazione, a ogni livello la si possa intendere. La comunicazione – ci ricorda James W. Carey – non riguarda semplicemente un processo “tecnico” di trasferimento d’informazione. La comunicazione è strettamente collegata al funzionamento di una società, tanto più in un contesto come quello contemporaneo, caratterizzato dalla pervasività e dell’istantaneità dei media digitali. In tempi normali, comunicazione si associa a “condivisione” (sharing), partecipazione (participation), associazione di persone (association), comunione di intenti (fellowship), appartenenza a una fede comune (possession of a commonfaith) (Carey, Communication as Culture). In tempi di crisi, o “di guerra” – per usare una metafora spesso utilizzata nel corso degli ultimi mesi – la comunicazione diventa ancora più essenziale per “mantenere una società unita nel tempo”. La capacità di gestire al meglio la comunicazione, finalizzandola al bene della società o al “bene comune”, è letteralmente questione vitale. […]
La quarantena ha costretto ciascuno di noi a misurarci con un nuovo stile di vita, in cui la tecnologia e, in particolare Internet, è diventata l’unico nostro strumento per lavorare, comunicare, socializzare, imparare. Non solo. Il timore del virus - nemico invisibile e molto contagioso – ci ha costretti a mantenere la distanza fisica da tutto ciò che ha sempre fatto parte del nostro quotidiano e ci ha reso più timorosi e più vulnerabili. Di qui, una serie di conseguenze che impattano sulla società: dal proliferare delle fake news in materia sanitaria; al desiderio di “controllo sociale” e tracciamento degli spostamenti individuali, per finalità preventive; all’uso quasi totalizzante degli schermi (dal pc, alla tv) per vedere la realtà.
La prima parte del volume è dedicata a “Retoriche e media”. Con uno sguardo riccamente multidisciplinare, abbiamo provato a mettere sotto la lente di ingrandimento il ruolo della televisione come “sismografo” della crisi, fra domanda di informazione e consumi rituali (Scaglioni), da leggere in controluce rispetto alle trasformazioni che hanno caratterizzato gli universi della Rete e dei social media, fra comunicazione istituzionale e esigenze di condivisione, discussione e talvolta critica che emergono da comuni cittadini tramite Twitter, Facebook o Instagram (Vittadini e Carelli). Tre saggi da leggere tutti di fila (Palano e Castellin, Sfardini e Villa) riflettono su cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato nella comunicazione di politici, scienziati, esperti e divulgatori. L’ultima sezione di questa prima parte si apre poi allo sguardo internazionale: per comprendere le buone (e le cattive) pratiche della comunicazione in Italia è senz’altro necessario metterla a confronto con quelle adottate nei principali paesi europei: Francia (Zanola), Germania (Missaglia), Gran Bretagna (Reggiani), Spagna (Gonzàlez-Neira e Berrocal-Gonzalo) e Stati Uniti (Panarari).
altrovirus_fake newsLa seconda parte del volume - intitolata “Società, diritto e istituzioni” – affronta il tema degli effetti del Covid-19 da un diverso punto di vista: quello più propriamente sociale. Si tocca innanzitutto il tema dell’“infodemia” – ossia della propagazione di un numero incontrollato di fake news che nella c.d. “Fase 1” ha rischiato di alimentare l’allarme sociale, condizionando il dibattito pubblico e/o inducendo a comportamenti sanitari scorretti (Sala). Dopo una valutazione delle caratteristiche della disinformazione scientifi ca (Delmastro) e delle ragioni, anche geopolitiche, alla base del fenomeno (Suffi a), si procede con l’analisi delle azioni di contrasto attuate dalle istituzioni e dalle grandi piattaforme digitali globali (Google e Facebook in prima linea) (Nasti). Si osserva, poi, come l’allarme sanitario abbia favorito il “bisogno” di controllo, di sorveglianza, di uso di droni, di App e di altri strumenti di tracciamento e di geolocalizzazione, nel tentativo di controllare gli spostamenti e impedire il contagio tra gli individui (Ziccardi). Di qui, l’analisi di un corretto bilanciamento tra l’esigenza di tutela della salute pubblica e di tutela della privacy del singolo cittadino – anche sul luogo di lavoro (Ciccia Romito e Salluce) – in quanto si tratta di diritti che non si escludono vicendevolmente, ma – anzi – devono essere equilibrati.
Infine, si osserva che la “Fase 1” ha disegnato un nuovo modo di interfacciarsi con la tecnologia. È come se Internet ci avesse mostrato il suo vero volto, quello delle origini, quello di strumento utile per comunicare a distanza (Garassini). Sarà interessante vedere se e come cambierà il nostro approccio alla tecnologia, con l’inizio della “Fase 2” e oltre. Un dato accomuna tutti gli interventi: la valorizzazione della informazione professionale, come antidoto contro la deriva delle fake news (Razzante). Ma l’informazione professionale non basta, se non c’è nessuno a leggerla. È quindi importante sviluppare l’abitudine alla lettura e all’aggiornamento quotidiano.

Visto che le consuetudini culturali più radicate possono crearsi solo nel periodo di formazione dell’individuo, è evidente che occorre valorizzare il ruolo della scuola, luogo di crescita e di confronto. Questo volume, nato nei giorni del lockdown, cerca di mettere sotto la lente di ingrandimento questa particolarissima fase della vita della nostra società. Scrivere durante il periodo di emergenza non è stato semplice, perché ha richiesto uno sforzo aggiuntivo per tentare di ragionare in maniera il più possibile distaccata. Il compito che ci siamo proposti, però, è stato quello di provare a mantenere lucidità anche in questa situazione, e di analizzare – al di là della contingenza – ciò che stava realmente accadendo. Confidiamo che queste pagine possano risultare utili per una riflessione su quanto ha funzionato e quanto è ancora da migliorare per la fase della ricostruzione e della ripresa del Paese.

lunedì 11 maggio 2020

"Bubble Democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione". Il nuovo libro di Damiano Palano in libreria






di Damiano Palano
(pp. 224, euro 16.00)
Scholé - Morcelliana


Protagoniste di buona parte del Novecento, a partire dagli anni Sessanta e Settanta le “masse” iniziano a perdere la loro centralità politica, insidiate da nuovo soggetto emergente, il “pubblico” formato dalla sterminata platea televisiva. Oggi i social media innescano la frammentazione del “pubblico” in una pluralità di segmenti privi di radicamento in una sfera comunicativa comune. Dopo esserci lasciati alle spalle la vecchia democrazia dei partiti, ci stiamo così allontanando anche dal modello della democrazia del pubblico. Forse ci troviamo già in una bubble democracy, un nuovo assetto in cui il “pubblico” si dissolve in una miriade di “bolle” in larga parte autoreferenziali e in cui vengono rafforzati i meccanismi di polarizzazione.

Damiano Palano è Direttore del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove insegna Teoria politica dell’età globale e Scienza politica. Tra i suoi lavori più recenti: La democrazia senza partiti (Vita e Pensiero, Milano 2015), La democrazia senza qualità. Le «promesse non mantenute» della teoria democratica (Mimesis, Milano, 2015), Populismo (Editrice Bibliografica, Milano, 2017), Il segreto del potere (Rubbettino, Soveria Mannelli, 2018). Per Scholé ha curato il volume di Gianfranco Miglio, Carl Schmitt. Saggi (2018).









giovedì 7 maggio 2020

Divide et impera, la nuova democrazia creata dal web. Una recensione di Davide G. Bianchi a "Bubble democracy" di Damiano Palano




di Davide G. Bianchi

Questa recensione al volume di Damiano Palano, Bubble democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione (Scholé-Morcelliana, euro 16.00), in uscita oggi giovedì 7 maggio 2020, è apparsa sul quotidiano "Avvenire".

L’inaspettato successo di Barack Obama nelle primarie dei Democratici nel 2009 contro la ben più quotata Hillary Clinton, e poi nelle elezioni presidenziali avendo la meglio su John McCain, non è stato soltanto il risultato di una straordinaria sfida civile e politica. Vi è stata da parte del senatore dell’Illinois la capacità di costruire una campagna elettorale di rara efficacia che, da un lato, sapeva usare le nuove tecnologie per il fundraising – anziché pochi grandi finanziatori, moltissimi donatori di piccole somme attraverso il web – dall’altro interpretava al meglio la comunicazione politica nell’età dei social media. Al suo fianco si trovava Eli Pariser, l’autore di The Filter Bubble. Al centro del libro vi era la svolta che si era compiuta proprio in quegli stessi mesi, quando Google aveva deciso di “personalizzare” le ricerche che gli utenti realizzavano online con il proprio motore di ricerca. A questo scopo veniva usato l’algoritmo Page Rank, pensato per restituire output più consoni alle aspettative e ai gusti di ogni singolo utente. Da allora, i cookies, che attraverso il browser vengono a insinuarsi nei siti visitati, creano una memoria dei precedenti passaggi, così da poter riconoscere successivamente il visitatore, e profilarlo in termini di gusti, interessi, abitudini per farlo così destinatario di messaggi promozionali calibrati su misura.

Tutto questo non ha soltanto degli evidenti vantaggi pratici: gli algoritmi non sono solo capaci di scoprire – e talvolta persino anticipare – le nostre scelte individuali, ma tendono a creare attorno a ciascuno di noi una filter bubble, per dirlo con Pariser: una bolla che filtra tutte le informazioni provenienti dal mondo esterno, facendo penetrare solo ciò che risulta coerente con le preferenze dell’utente. Per cui, ogni soggetto tende a vivere dentro una dimensione virtuale, da cui vede un mondo personalizzato che rispecchia la propria soggettività, soprattutto in termini di consumi. Naturalmente, la disintermediazione realizzata dai social media muove nella medesima direzione, votata anch’essa a rafforzare i convincimenti individuali e regalare loro contesti in cui possano trovare conferme acritiche.



Rischiano di essere giudicate irrilevanti, inattendibili o addirittura false quelle informazioni che contrastano con le proprie opinioni, proliferano le fake news e nasce l’idea della “postverità”, tipica dell’età della disintermediazione. Quali sono le implicazioni politiche di tutto questo? È ciò che si chiede Damiano Palano – professore ordinario di filosofia politica all’Università Cattolica di Milano – nel suo ultimo libro, intitolato appunto Bubble Democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione (Morcelliana, pagine 224, euro 16). «La tesi – spiega l’autore – è che il nuovo ambiente mediale e in particolare la diffusione dei social media favoriscano dinamiche molto differenti non solo da quelle della “vecchia” democrazia dei partiti, protagonista di una parte rilevante del Novecento, ma anche da quelle della democrazia del pubblico». Questa espressione è stata usata da Bernard Manin nel suo classico sulla rappresentanza politica uscito nel 1997 per indicare la passività operata dalla società di massa e la tendenza a sostituire il consumatore al cittadino, calando quest’ultimo in u- na sorta di audience massmediatica fluida e mutevole.

La Bubble Democracy di cui parla Palano è un passaggio ulteriore, di non poco momento, dove la cifra distintiva è rappresentata dall’individualismo 2.0 costruito delle “bolle” autoreferenziali in cui tendono a collocarci le nuove tecnologie della comunicazione: mentre in passato la politica è sempre stata un fenomeno per sua natura collettivo, i media di nuova generazione non fanno altro che giocare sulla soggettività individuale – comprese le piattaforme che vorrebbero rendere possibile la democrazia diretta – rinunciando del tutto a quel “noi” su cui si sono costruite le identità dei partiti del Novecento. Se pensiamo al successo del populismo di questi ultimi anni alla luce di queste annotazioni, non sarebbe arbitrario formulare un’ipotesi più generale «secondo la quale – osserva ancora Palano – le tensioni innescate da una pluralità di fattori – economici, politici e culturali – potrebbero aver prodotto risultati tanto eclatanti sull’assetto dei sistemi politici occidentali anche perché si sono incontrate con un nuovo scenario comunicativo». In altre parole, se la democrazia del pubblico aveva come protagonisti i partiti post–ideologici, costruiti per muoversi secon- do i dettami del marketing politico allo scopo di catturare il voto d’opinione delle fasce mediane dell’elettorato, la Bubble Democracy è invece divisiva e conflittuale, incardinata sui personalismi e sulle leadership, propensa alla polarizzazione e alle spinte centrifughe verso le code estreme del continuum politico. Come ripete più volte Palano, tuttavia la Bubble Democracy è soltanto un idealtipo a cui non si deve attribuire valenza deterministica: la realtà è sempre pronta a smentire le teorie che si sforzano di interpretarla.

Davide G. Bianchi