sabato 16 marzo 2019

Popolo contro élite? Il malesse della democrazia europea e le sue radici



di Damiano Palano

Per molti anni, dopo il 1989, un po’ tutti abbiamo creduto che la Storia fosse finita. Non tanto perché pensassimo che non ci sarebbero stati mutamenti, innovazioni e conflitti più o meno cruenti. Quanto perché – come scrisse Hegel a proposito degli ideali della rivoluzione francese, all’indomani della vittoria di Napoleone a Jena nel 1806 – anche noi abbiamo ritenuto che la democrazia liberale avesse definitivamente sbaragliato i suoi antagonisti. E soprattutto abbiamo immaginato che i possibili mutamenti futuri avrebbero semmai potuto ‘migliorare’ le forme della democrazia liberale, senza però metterne in questione i cardini. Anche per questo, i politologi occidentali che per anni hanno puntualmente registrato le evoluzioni della nostra geografia elettorale, non hanno mai preso seriamente in considerazione l’idea che le «democrazie mature» fossero esposte a rischi fatali. Con una chiave di lettura più ottimista, alcuni hanno interpretato le trasformazioni seguite al crollo del blocco sovietico nei termini di un passaggio dalla democrazia dei partiti a una «democrazia del pubblico»: un assetto in cui gli elettori, liberi dai vincoli ideologici, potevano votare esprimendo la loro opinione, valutando – proprio come il pubblico di un teatro – le proposte avanzate dai vari candidati. Altri, con uno sguardo più pessimista, hanno invece rinvenuto nel calo della partecipazione politica e nella crescente sfiducia verso la classe politica e verso le istituzioni i sintomi di una crisi incipiente, o comunque di un ‘malessere’ capace di indebolire le basi della convivenza democratica. Ma in ogni caso, neppure i più pessimisti hanno rinvenuto in queste tendenze minacce davvero capaci di determinare un ‘crollo’, o quantomeno di ‘deconsolidare’ l’assetto dei regimi democratici.

A un certo punto il contesto è invece cambiato radicalmente e i sismografi che misurano le oscillazioni del clima di opinione hanno incominciato a impazzire. Nel 2016 – con il referendum sulla Brexit e la trionfale cavalcata elettorale di Donald Trump – il mutamento è diventato eclatante, anche se retrospettivamente si può riconoscere il punto di avvio del nuovo ciclo già nel 2008. In ogni caso, a partire da quel momento il «pubblico» delle democrazie occidentali ha assunto i tratti di una massa rancorosa, mentre la silenziosa disaffezione lamentata nei due decenni precedenti si è tramutata in ostilità verso ogni «casta» e in rumorosa insofferenza verso l’establishment. Per dare un nome a questa esplosione di risentimento molti hanno estratto dalla ‘cassetta degli attrezzi’ delle scienze sociali il concetto di «populismo». Così è diventato un luogo comune dire che siamo dinanzi a una rivolta del «popolo» contro l’establishment, o – come ha scritto per esempio Alessandro Baricco alcuni mesi fa – che stiamo assistendo alle conseguenze della rottura del «patto» tra il popolo e le élite, su cui le democrazie mature si sarebbero fondate per settant’anni. E qualcuno si è anche spinto a sostenere che la linea di divisione tra «alto» e «basso» avrebbe ormai sostituito – forse persino in via definitiva – la vecchia linea di demarcazione tra destra e sinistra, irrimediabilmente consegnata al passato. Ma chi utilizza la nozione di «populismo» spesso finisce col farne un uso piuttosto disinvolto, talvolta adoperandolo come una vera e propria clava ideologica, e in ogni caso senza avvedersi (quasi mai) delle distorsioni che si nascondono in quella nozione. Il concetto di «populismo», pur avendo delle radici nel narodnicetsvo russo e nel People’s Party statunitense della fine dell’Ottocento, venne infatti radicalmente ridefinito dai politologi americani degli anni Cinquanta e Sessanta. E da quel momento porta con sé una distorsione originaria, che – più che descrivere un’ideologia, una mentalità, uno stile politico – tende a squalificarlo come una forma deteriore di demagogia, come una propaganda irrazionale, moralista e manichea, come una tendenza plebiscitaria implicitamente totalitaria. Certo non è difficile riconoscere nel linguaggio dei «populisti» contemporanei molti di questi tratti. Adottando questo schema interpretativo si rischia però di replicare quella stessa logica semplificatrice, rozza, manichea, che viene rimproverata ai «populisti», e cioè di attribuire a questi ‘nemici’ della democrazia liberale qualcosa che, a ben guardare, è un tratto costitutivo dello stesso progetto democratico occidentale.

Forse per capire davvero cosa c’è dietro la ‘rivolta’ del popolo contro le élite dovremmo invece mettere da parte – o usare con cautela – il concetto di «populismo». E dovremmo mettere in questione quella chiave di lettura che vede nel presente la rivolta del «popolo» rabbioso, ignorante, brutale, contro le «élite». Interrogandoci un po’ più seriamente sulle radici profonde di un mutamento che investe – non da oggi – gli immaginari politici, le organizzazioni, gli stili di partecipazione, la crescita della polarizzazione. Perché probabilmente la Storia è davvero ricominciata. Ma molto di quello che ci appare ‘nuovo’ è forse solo qualcosa che avevamo dimenticato.

Damiano Palano

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Ciclo «Politica in transizione» 2019 (Quarta edizione)




Popolo contro élite?
Otto incontri sul malessere della democrazia europea


Venerdì 8 marzo, ore 14.30
Oltre la destra e la sinistra? 
In occasione della pubblicazione del numero della rivista «Spazio filosofico» (22/2018) dedicato a Destra e sinistra
Con Roberto Chiarini (Università degli Studi di Milano), Nicola Pasini (Università degli Studi di Milano), Vittorio Emanuele Parsi (Università Cattolica del Sacro Cuore - Aseri)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.014 – Sala Negri da Oleggio


Venerdì 15 marzo, ore 14.30
Cosa resta della Repubblica dei partiti?
In occasione della pubblicazione del volume di Piero Ignazi, I partiti in Italia dal 1945 al 2018, Il Mulino, Bologna, 2018,
Con Paolo Colombo (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Piero Ignazi (Università degli Studi di Bologna)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.016 Maria Immacolata

Lunedì 18 marzo, ore 11:30 – Cripta Aula Magna
Sharp Power
La guerra digitale è già cominciata?
In occasione della pubblicazione del volume di Paolo Messa, L’era dello Sharp Power. La guerra (cyber) al potere, Egea, Milano, 2018.
Con Pier Donato Vercellone (Presidenti Ferpi), Vittorio Emanuele Parsi (Università Cattolica del Sacro Cuore – Aseri), Simone Crolla (American Chambers of Commerce in Italy) e Paolo Messa (Centro Studi Americani)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.005 Cripta Aula Magna

Lunedì 25 marzo, ore 15.30
Metamorfosi di un partito
La Lega di Matteo Salvini
In occasione della pubblicazione del volume di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, La Lega di Salvini. Estrema destra di governo, Il Mulino, Bologna, 2018.
Con Martino Mazzoleni (Università Cattolica del Sacro Cuore), Gianluca Passarelli (Università La Sapienza – Roma), Dario Tuorto (Università di Bologna).
Introduce: Damiano Palano
Aula G.014 - Sala Negri da Oleggio

Lunedì 1 aprile, ore 15.30
Le lobby sono un male per la democrazia?
In occasione della pubblicazione del volume di Andrea Pritoni, Lobby d’Italia. Il sistema degli interessi tra Prima e Seconda Repubblica, Carocci, Roma, 2017.
Con Andrea Pritoni (Università di Torino), Martino Mazzoleni (Università Cattolica) e Antonio Campati (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Introduce: Damiano Palano
Aula G. 152

Venerdì 5 aprile, ore 14.30
Democrazia avvelenata
In occasione della pubblicazione del volume di Dario Antiseri, Enzo Di Nuoscio, Flavio Felice, Democrazia avvelenata Rubbettino, Soveria Mannelli, 2018.
Con Silvio Cotellessa (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Flavio Felice (Università degli Studi del Molise)
Introduce: Damiano Palano
Aula G. 117 Duns Scoto

Lunedì 6 maggio, ore 15. 30
Possiamo guarire dalla «demopatìa»?
In occasione della pubblicazione del volume di Luigi Di Gregorio, Demopatìa. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2019.
Con Patrizia Catellani (Università  Cattolica del Sacro Cuore), Luigi Di Gregorio (Università della Tuscia) e Ruben Razzante (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.127 Pio XI

Lunedì 13 maggio, ore 15.30
La buona politica 
Come ricostruire una «comunità di destino»?
In occasione della pubblicazione del volume di Paolo Pombeni, La buona politica (Il Mulino, Bologna 2019).
Con Guido Merzoni (Università Cattolica del Sacro Cuore), Lorenzo Ornaghi (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Paolo Pombeni (Università di Bologna)
Introduce: Damiano Palano
Aula NI 110 (Via Nirone)

Tutti gli incontri si svolgeranno presso la sede milanese dell’Università Cattolica (Largo Gemelli 1, Milano).
Gli incontri sono aperti al pubblico

Il ciclo è patrocinato da 
Dipartimento di Scienze politiche - Università Cattolica
Facoltà di Scienze politiche e sociali - Università Cattolica

Per informazioni:
democrazieintensione@gmail.com

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