sabato 30 settembre 2017

I fantasmi di Weimar sulla Germania di oggi




di Damiano Palano

Questa nota sulle elezioni tedesche è uscita sul "Giornale di Brescia" venerdì 29 settembre 2017.


Il risultato ottenuto da Alternative für Deutschland nelle elezioni tedesche ha comprensibilmente destato più di qualche allarme. Il ritorno sulla scena politica di una formazione di destra radicale dopo molti anni richiama inevitabilmente alla mente gli spettri del passato. E il fatto che i deputati di Afd occuperanno quasi un quinto dei seggi del Bundestag non può essere certo trascurato. Ma, al di là di questi aspetti, i risultati delle elezioni tedesche fanno emergere soprattutto una serie di tendenze importanti. Innanzitutto, confermano l’erosione dei consensi ai partiti tradizionali, un dato particolarmente rilevante in un paese come la Germania, in cui i grandi partiti di massa hanno a lungo dimostrato una notevole capacità di resistere ai mutamenti sociali e politici. Non si tratta comunque solo di una dinamica innescata dalla crisi economica o dai flussi migratori. A partire dagli anni Novanta il numero di elettori fluttuanti anche in Germania è infatti progressivamente cresciuto, proprio a danno delle forze tradizionali. Se ancora nel 1998 i due partici storici, Cdu/Csu e Spd, si spartivano più del 75% dei suffragi, oggi quella percentuale si è ridotta a poco più del 50%. Una seconda tendenza è rappresentata inoltre dalla spinta alla polarizzazione. In altre parole, gli elettori sembrano guardare sempre meno alle forze ‘moderate’, collocate al centro dello spazio politico, e tendono invece a spostarsi verso le ali estreme.

Un terzo aspetto su cui attirare l’attenzione riguarda infine l’assetto complessivo del sistema partitico tedesco, che con le elezioni di domenica ha smarrito alcune delle sue caratteristiche distintive. Tanto che la sua fisionomia appare oggi un po’ più simile a quella che contrassegnava la Germania di Weimar. Il sistema elettorale proporzionale, corretto da una significativa soglia di sbarramento, aveva infatti consentito a lungo di limitare il numero dei partiti. E una serie di interventi del Tribunale costituzionale aveva contribuito allo stesso risultato, decretando lo scioglimento di alcune formazioni estremiste. Per effetto di questi vincoli, la competizione si svolse per circa quattro decenni principalmente tra Cdu/Csu e Spd, con il piccolo partito liberale a svolgere una funzione di ago della bilancia. L’ingresso in parlamento dei Verdi e poi la riunificazione tedesca iniziarono invece a modificare il quadro. E le elezioni di domenica hanno sancito la transizione a un nuovo assetto. Il fatto che al Bundestag siano ora presenti ben sei partiti (Cdu/Csu, Spd, Afd, i liberali di Fdp, i Verdi e la sinistra radicale) non configura semplicemente un aumento del numero dei protagonisti. Ma innesca probabilmente una nuova dinamica. Utilizzando le vecchie categorie di Giovanni Sartori, il pluripartitismo tedesco cessa di essere “limitato” e “moderato” per diventare “estremo” e soprattutto “polarizzato”. Un sistema contrassegnato cioè da un elevato numero di partiti, dalla presenza di formazioni “anti-sistema” (o percepite come tali), da un’elevata distanza ideologica tra gli attori, e soprattutto – proprio come la vecchia Repubblica di Weimar - caratterizzato da una spinta centrifuga. Perché le ali estreme, escluse da qualsiasi possibile maggioranza, tenderanno probabilmente a radicalizzare la loro propaganda, erodendo sempre di più le dimensioni del ‘centro’.

È ancora presto per capire se il ridimensionamento delle forze moderate sia un dato congiunturale o qualcosa di più. Ma è probabile che nei prossimi anni la polarizzazione, nelle sue diverse componenti, sia destinata a crescere in tutte le democrazie occidentali. Non solo per gli effetti della crisi economica, per il risentimento che cova nelle classi medie occidentali e per la percezione di insicurezza che domina nell’opinione pubblica. Ma anche per le caratteristiche del nuovo contesto comunicativo in cui operano gli attori politici. Oggi molti cittadini traggono infatti le loro informazioni da un medium ‘personalizzato’ come internet, e non più da un medium generalista come la tv. E anche un simile mutamento è destinato a favorire la crescente polarizzazione. Gli elettori di domani (ma forse lo sono già oggi) non saranno più il “pubblico” relativamente compatto e omogeneo del medesimo spettacolo politico, ma potrebbero frammentarsi in una miriade di segmenti autoreferenziali e sempre più ‘polarizzati’. Il nuovo contesto potrebbe allora aprire ulteriori spazi di manovra alle forze che si presentano come “sfidanti” dell’establishment. E persino la Germania potrebbe correre il rischio di imboccare ancora una volta la strada per Weimar.


Damiano Palano

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