lunedì 12 settembre 2016

Non solo tecnica: la buona politica viene dall’alto. La prospettiva della "pneumatologia politica"


di Damiano Palano

Questa recensione  al volume di V. Rosito, Lo spirito e la polis. Prospettive per una pneumatologia politica (Cittadella, Padova, 2016) è apparsa su «Avvenire» il 9 settembre 2016.


Nel 1922, in uno dei suoi saggi più noti, Carl Schmitt scrisse che «i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati». Proprio quella formula era destinata ad aprire un nuovo sentiero di ricerca intorno alla trasformazione dei concetti politici. Ma doveva anche introdurre nel dibattito novecentesco la formula «teologia politica»: una formula senza dubbio evocativa, ma dal significato tutt’altro che univoco, e che in effetti è stata utilizzata nel corso del Novecento in direzioni molto diverse. La proposta schmittiana intendeva infatti soprattutto suggerire l’analogia formale tra i concetti giuridici della modernità occidentale e i concetti teologici. Altri utilizzarono invece la suggestione schmittiana per sviluppare una teoria della secolarizzazione, nella quale la dimensione del sacro veniva pienamente neutralizzata (e nella quale dunque spariva ogni relazione con la trascendenza). E altri ancora tentarono di mostrare come nell’esperienza politica non fosse eliminabile una proiezione escatologia.  In una direzione piuttosto differente si è invece mossa, nella seconda metà del Novecento, la «Nuova Teologia Politica», che – coltivata per esempio dai Johann Baptist Metz e Jürgen Moltmann – si è soprattutto proposta di fornire una lettura della teologia cristiana critica nei confronti delle spinte privatistiche. Ed è per molti versi in questo stesso sentiero problematico che si colloca lo stimolante volume di Vincenzo Rosito, Lo spirito e la polis. Prospettive per una pneumatologia politica (Cittadella, pp. 117, euro 11.90). 
Per Rosito, la polis e lo spirito – e cioè la sfera politica e quella spirituale – non sono spazi lontani e separati. «Lo Spirito, e con esso la dimensione dello spirituale», scrive infatti, «sono profondamente connessi con la polis poiché intendono pensare e rappresentare non tanto la generalità di tutti gli uomini, quanto la complessità dell’uomo tutto». È in questa chiave che viene indicata la strada di una «pneumatologia politica»: un paradigma diretto a mettere in evidenza le implicazioni tra l’ordine teologico dello Spirito, quello economico-politico del potere e quello comunicativo. Sulla scorta delle indicazioni del filosofo austriaco Ferdinand Ebner, la «pneumatologia» procede innanzitutto dal riconoscimento del legame tra la dimensione umana del linguaggio e quella dello Spirito. Più precisamente, la pneumatologia si concentra sulla natura intrinsecamente comunicativa dello spirituale. Ma, in secondo luogo, la «pneumatologia politica» rivede sensibilmente la classica raffigurazione della relazione tra Spirito e Polis, perché, come ha sottolineato Moltmann, è la connettività a contrassegnare le implicazioni sociali dello Spirito. Dio è cioè presente tra il popolo nel senso che il luogo della sua presenza è lo spazio che distingue e unisce i soggetti di una relazione.  
Una simile prospettiva è naturalmente critica nei confronti di quelle visioni della secolarizzazione che interpretano la sfera del religioso nei termini della contrapposizione fra immanente e trascendente. Ma la riflessione di Rosito nasce soprattutto dalla ricerca di un indirizzo alternativo a una realtà segnata – come quella del capitalismo contemporaneo – dallo schiacciamento sul presente, dall’espulsione di qualsiasi progettualità escatologica e dunque dalla riduzione della politica a semplice ‘tecnica’. La pneumatologia politica infatti non solo critica le derive individualizzanti o identitarie. Ma punta anche a riguadagnare una tensione progettuale, e così a indicare la strada di forme e pratiche «generative», capaci di aprire alla collettività nuovi spazi di relazione. 


Damiano Palano

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