lunedì 12 ottobre 2015

Sulle tracce di un’altra modernità. "L'ordine imperfetto" di Luca Diotallevi



di Damiano Palano

Questa recensione al libro di Luca Diotallevi, L’ordine imperfetto. Modernizzazione, Stato, secolarizzazione (Rubbettino, pp. 253, euro 14.00), è apparsa su «Avvenire» del 31 luglio 2015, con il titolo La modernità non riduce lo spazio del sacro.

Negli ultimi trent’anni l’idea che lo Stato sia in «crisi» è diventata quasi un luogo comune. Gli annunci della sua morte imminente sono stati più volte smentiti, ma è comunque chiaro che la capacità dello Stato di ‘contenere’ (e regolare) i processi sociali, culturali ed economici è sfidata su mille fronti diversi. Nel suo recente saggio L’ordine imperfetto. Modernizzazione, Stato, secolarizzazione (Rubbettino, pp. 253, euro 14.00), Luca Diotallevi affronta però la crisi dello Stato da una prospettiva originale, che invita a mettere in questione alcune delle categorie più consolidate delle scienze sociali. Il libro costituisce il nuovo tassello di un’indagine avviata con i precedenti Un’alternativa alla laicità (2010) e La pretesa (2013), anch’essi editi da Rubbettino. Ma, come confessa l’autore, la nuova operazione si configura anche come un «mezzo passo indietro», nel senso che procede a ritroso per riconsiderare il rapporto tra Stato e religione. 
Il punto di partenza è proprio il fallimento della pretesa statale di organizzare ogni sottosistema sociale. Diotallevi torna però alle origini della modernizzazione occidentale, con l’obiettivo di riconsiderare criticamente il processo di «secolarizzazione». In questo senso certo mette in discussione la classica teoria della secolarizzazione, secondo cui la modernizzazione comporta necessariamente una riduzione dello spazio del ‘sacro’. Ma punta soprattutto a mostrare come la stessa idea di religione adottata dalla sociologia sia il prodotto di una specifica dinamica di modernizzazione, plasmata dalla costruzione dello Stato moderno. A partire dal XIV secolo in Europa si avvia innanzitutto un processo di «disciplinamento» del cristianesimo, in cui l’organizzazione e la centralizzazione istituzionale diventano strumenti per assicurare il credente sulla correttezza della propria fede e della propria interpretazione. In alcune aree il disciplinamento religioso conduce allo Stato confessionale, con cui si conferisce alle autorità politiche una competenza sui poteri ecclesiastici. Ma in seguito, con la cesura sancita nel 1648 dalla Pace di Vestfalia, il potere politico si scioglie dal potere ecclesiastico, mentre le istituzioni ecclesiastiche – ormai solo religiose – diventano del tutto subalterne all’organizzazione dello Stato. 
Anche se si concentra sul passato, il libro di Diotallevi guarda però al presente. Secondo l’autore la novità principale degli ultimi decenni non è infatti solo il ‘ritorno’ della religione, ma soprattutto il fatto che questo processo viene a mettere in discussione la linea di separazione tra politica e religione fissata dalla modernità (o, meglio, da una variante specifica della modernità). È invece solo accomiatandosi dalle categorie segnate dall’ingombrante presenza dello Stato che per Diotallevi diventa possibile decifrare le trasformazioni contemporanee. E indagare la complessa genesi di un nuovo assetto dentro la vita delle contemporanee global cities.

Damiano Palano

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