martedì 15 ottobre 2013

Costruttivo o lacerante, il partito forma la politica. Una recensione a "Partito" di Luca G. Castellin

Aggiungi didascalia


La storia «maledetta» del partito: il problema di una fazione che vuole appropriarsi della società
di Luca G. Castellin


Questa recensione di Partito è apparsa su "LInkiesta" lunedì 14 ottobre 2014

«Un Partito è sempre e solo un mezzo. Non c’è che un solo scopo: il potere». Così l’alto funzionario comunista Hoederer si rivolge con schietto e brutale cinismo al giovane intellettuale Hugo in Les mains sales di Jean-Paul Sartre. I giudizi espressi con disincanto dall’autore francese in questo dramma del 1948 furono accolti come una sorta di vero e proprio anatema dal Partito Comunista. Le dure critiche ricevute condussero pertanto Sartre alla sofferta e imbarazzante decisione di ritirare il testo nel momento in cui avrebbe dovuto essere proposto al pubblico nel 1952 a Vienna, mentre nella capitale austriaca era in corso il Congresso dei popoli per la pace. Un congresso promosso dall’Unione Sovietica e al quale anche l’autore de L’essere e il Nulla aveva deciso di partecipare. Oltre a costituire un indubbio riferimento del problematico rapporto tra politica e cultura, l’opera di Sartre sottolinea l’ambiguità di una delle istituzioni e delle idee più ‘inquietanti’ della storia del pensiero politico occidentale: il partito.

La disaffezione odierna verso il partito non possiede nulla di così straordinario (come potremmo essere condotti a credere), anzi costituisce quasi una fisiologica e costante regolarità. L’avversione contro fazioni e parti affonda ben salde le proprie radici in profondità. Guardato con sospetto, quando non con vera e propria preoccupazione, nel corso della maggior parte degli ultimi venticinque secoli, il termine-concetto partito è al centro della riflessione di Damiano Palano nel suo recente Partito. Il volume ripercorre la «sinistra fama» di questo «maledetto» lemma, avendo come obiettivo non solo «di allestire una sorta di catalogo», ma anche e soprattutto di «riconoscere, dentro un panorama segnato da una quasi sconcertante continuità, i segnali del cambiamento – se non addirittura, in qualche caso, le testimonianze di profonde cesure – nella raffigurazione del partito». Infatti, «per quanto la dannazione dei partiti attraversi l’intera vicenda occidentale», le argomentazioni che vengono utilizzate per criticarli nel corso del tempo «mutano» o, quantomeno, «si modifica il quadro all’interno del quale le parti vengono condannate».
Leggi il resto su Linkiesta

Nessun commento:

Posta un commento